mercoledì 15 aprile 2009

Il ritratto

Cos’è un “ritratto”?

Il ritratto è una rappresentazione di una persona.
Il termine si riferisce propriamente ad un'opera pittorica o ad un disegno, anche se per estensione può significare anche la fotografia di una persona o, in letteratura, una descrizione dettagliata di una persona, il più delle volte motivatio dal desiderio, dall’ambizione o dalla necessità di tramandare ai posteri la propria immagine o il proprio profilo come testimonianza della propria esistenza.
Le persone sono il soggetto fotografico più ricorrente e probabilmente il più difficile. Le immagini di persone, siano parenti o estranei, dovrebbero racchiuderne l'aspetto fisico ma anche la personalità, per trasmettere l'essenza della persona fotografata.
Il ritratto su Second Life è invece il frutto di uno sguardo che guarda un avatar (il proprio) che guarda un altro avatar (il soggetto fotografato).
Quanti tipi di ritratto esistono?

Il termine «ritratto» indica generalmente la ripresa ravvicinata ed individuale di un soggetto isolato dallo sfondo, quasi in maniera privata. Al soggetto singolo si affianca la fotografia di gruppo, ovvero il «ritratto multiplo», che svolge la funzione di rappresentazione sociale.

Le inquadrature

1. Primissimo piano – il volto del soggetto riempie tutta l’inquadratura (di solito molto stretta) ed è generalmente tagliato sopra l’attaccatura dei capelli ed a metà collo, per mettere in massimo risalto l’atteggiamento psicologico dall’espressione del soggetto. È evidente come questa regola fotografica abbia poco senso nell’ambiente virtuale di Second Life, in quanto un avatar non ha espressioni facciali se non quella del sorrisetto e della faccia incazzata e poche altre, e soprattutto non ha sentimenti né emotività da esprimere con la mimica del volto. A meno di non voler rappresentare i dettagli di una particolare skin o acconciatura, il primissimo piano di un avatar raffigurerà un’immagine statica senz’anima, compatibile tutt'al più con un atteggiamento pensoso o serioso (se non triste).
2. Primo piano - inquadratura di un volto dall'altezza delle spalle (comprese). Il soggetto è isolato dal contesto, e la sua espressione è il centro dell'attenzione.
In fotografia è conosciuto anche come "formato tessera".
3. Mezzo busto (Mezzo primo piano) - l'inquadratura tagliata approssimativamente all'altezza dell'ombelico è definita Mezzo Primo Piano o Mezzo Busto.
4. Taglio americano (Piano americano) - l'inquadratura parte dalla metà superiore della coscia. Spesso utilizzato per inquadrare due o più persone (con un taglio all'altezza delle ginocchia), questo tipo di inquadratura serve a dare al soggetto maggiore libertà espressiva e d'azione.
Altri ritratti sono quello a Figura intera (dove la persona è inquadrata dai piedi alla testa e sta esattamente nel fotogramma), ed il Particolare (o Dettaglio), inteso come una parte del volto o del corpo, ripresa molto da vicino. Può riguardare anche un oggetto molto piccolo, o parti in movimento (ad esempio il dettaglio dei piedi nella corsa).
Le pose nel ritratto classico

Ripropongo un breve schema sulle varie pose nella ritrattistica classica.
  1. Le spalle del soggetto: devono essere girate in modo da formare un angolo di circa 45° gradi con la macchina fotografica (salvo i caso di foto di profilo).
  2. La linea naturale degli occhi. Immaginate che vi sia una linea che unisce gli occhi del soggetto; questa linea deve essere resa obliqua e non parallela ai bordi della fotografia, e questo si può ottenere se il soggetto inclina leggermente la testa a destra o a sinistra.
  3. Le braccia non dovrebbero ricadere lungo il corpo (meglio un gomito piegato o appoggiato su un piano) e le spalle non devono essere parallele al bordo dell'immagine.
Indipendentemente dal soggetto, il ritratto può essere in studio, in esterno o ambientato.
Il ritratto in studio è fatto in un luogo chiuso, in genere attrezzato per permettere al fotografo il massimo controllo delle luci ed ombre, dello sfondo e delle pose.
Nel ritratto in esterni, il fotografo ha minor controllo sulla luce e si deve adattare a quella presente. Per quanto riguarda le tecniche di ripresa valgono le considerazioni fatte per il ritratto in studio.
Il ritratto ambientato è quello in cui il soggetto viene ripreso in momenti di vita quotidiani (tipo reportage) o ambientato in determinati luoghi (location), dove generalmente il fotografo non può intervenire in alcun modo sulla luce ed espressioni del soggetto per non alterarne la spontaneità.
La ritrattistica nella pittura

Il 1400 rappresenta la chiave di svolta della ritrattistica.
Agli inizi del 1400, grazie alla scoperta dell’olio di lino come legante per i pigmenti colorati, nasceva la pittura ad olio, probabilmente non solo con la complicità dei fratelli Hubert e Jan Van Eyck. L’Italia era allora importante crocevia di cultura, mercati e finanza con tanti feudatari e prìncipi che governavano la penisola, e il cui potere economico era direttamente proporzionale al desiderio di lasciare testimonianza della propria esistenza. Diveniva così usuale avere a corte maestranze di artisti, il cui scopo era quello di creare artefatti di portata celebrativa; ma l’iconografia era inizialmente legata ad una prospettiva bidimensionale, in quanto i ritratti più prestigiosi eseguiti fino a quel tempo erano quelli sulle monete o medaglie e perciò rigorosamente di profilo.
Le opere eseguite fino al 1470 circa (Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Pisanello, Cosmè Tura, Antonio Pollaiolo), ne sono un tipico esempio.
Nella ritrattistica, le prime innovazioni vengono da Antonello da Messina, il quale apre per primo in Italia una nuova prospettiva sul ritratto aggiungendo la “profondità”. Nasce così il ritratto di tre quarti con il coinvolgimento dello spettatore in un’atmosfera di partecipazione totale. D’ora in poi, gli artisti migliori saranno anche quelli che meglio sapranno interpretare gli spazi nella tela come in un piccolo teatro.
L’arte del ritratto non sarà perciò solo ricerca somatica ed elogiativa eseguita con raffinata tecnica stilistico-pittorica, ma anche una nuova finestra nella realtà delle emozioni in senso completo.
Il 1500 si avvia però verso un nuovo modo di trattare la pittura. Tiziano, prima della sua morte avvenuta nel 1576, aveva avuto un’evoluzione straordinaria e personalissima, passando da una tavolozza iniziale di tredici colori ad una di soli cinque: la ricchezza di colori di tutto il 1500 era passata con lui ad una sintesi cromatica, di cui Tiziano sfruttava appieno le innumerevoli sfumature.
Nel 1591 arriva a Roma un giovane artista lombardo, maturato nella bottega di Tiziano a Venezia. Il giovane pittore aveva assimilato già le esperienze pittoriche del naturalismo lombardo e, dopo qualche anno di difficili esordi in varie botteghe romane, vide la propria pittura esplodere in occasione delle sue prime importanti commissioni. Si chiamava Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Tutto il 1600 sarà caratterizzato dalla sua pittura, fatta di rappresentazioni dal vero attraverso il dramma della luce, attraverso contrasti e chiaroscuri bilanciati da straordinari equilibri cromatici.
Questa innovazione caratterizzerà molti artisti come Rubens, Rembrandt, Vermeer, Velasquez e Van Dyck. Pittori che interpreteranno con stili molto personali la ritrattistica del loro tempo.
La ritrattistica di Rubens, ad esempio, ricorda i lavori dei pittori veneti: dame e nobili di corte sono dipinti con incarnati sensualmente madreperlacei e rubicondi. Van Dyck ricercò invece più il realismo ed il suo pennello seppe riprodurre caratteri, psicologia e personalità dei suoi soggetti. La pittura di Vermeer è invece caratterizzata da soggetti posti quasi sempre in interni vicino ad una finestra che distribuisce una delicatissima luce all’interno di una stanza.
La ritrattistica conobbe un periodo di ristagno durante il 1700 ma riprese tutta la sua importanza nel secolo successivo, per via della accresciuta domanda proveniente dal ceto medio: i nuovi committenti erano soggetti che chiedevano di essere raffigurati in atteggiamento pensoso, oppure posti in ambienti che ne riflettevano tanto gli interessi quanto la posizione sociale.
Joseph de Bonnier de la Mosson era figlio del tesoriere di Stato della Linguadoca ed aveva ereditato una fortuna immensa alla morte del padre; era uno dei più ricchi uomini di Francia e poteva permettersi il lusso di dedicarsi a collezionare oggetti che attiravano la sua curiosità. Commissionò il proprio ritratto ad un artista francese e Jean-Marc Nattier lo ritrasse con un’espressione di intelligenza vivace, vestito in modo informale ed in atteggiamento rilassato, circondato dagli alcuni degli oggetti che collezionava (libri, recipienti con esemplari biologici e modelli di meccanica), secondo i canoni dell’epoca.

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